lunedì 28 aprile 2008

CAPITOLO IV: La Chiesa Antica e l'Inferno

La trasmissione della fede e la sua difesa contro Marcione
Marcione aveva opposto il "Dio cattivo" dell'AT, che ci minaccia con i suoi castighi, al "Dio buono" del NT. Contro quest'alternativa sbagliata si mossero soprattutto Ireneo e Tertulliano. Ireneo ribadisce: nel NT sia il merito sia la pena si mostrano di più, perché troviamo il confronto con il Figlio di Dio. Chi rifiuta la salvezza in Gesù, si procura la condanna eterna (Adv. haer. IV,28,1-2); responsabile per la condanna non è Dio, ma il peccatore con la sua libera scelta; separarsi da Dio/dalla luce porta all'oscurità, alla perdita dei beni divini (Adv. haer. V,27,2).

La tesi dell'apocatastasi presso Origene e il suo rifiuto da parte della Chiesa
"Apocatastasi" significa, nel senso generale, la restaurazione di uno stato precedente (come in Atti 3,21: Gesù Cristo "dev'esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose ..."). Qui invece, in un senso più stretto, si tratta della teoria che tutti gli esseri razionali che si sono separati da Dio per mezzo del peccato troveranno perdono (incluso il diavolo).
Il rappresentante più tipico della teoria dell'apocatastasi è Origene (1):
- c'è un legame della sua teoria con il suo "sistema" intero (preesistenza; concezione ciclica, ipotizzando mondi futuri con nuove incarnazioni, benché non in modo conseguente, perché l’ultima fase del suo pensiero indica un fine definitivo; svalutazione del corpo secondo la teoria della preesistenza; la morte non è la fine dello stato di pellegrinaggio) (2).
- le parole del Signore sull'inferno sarebbero delle minacce per la gente primitiva (Contra Celsum 5,15 ecc.)(sarebbe un po’ come la favola del lupo mannaro che certi genitori usano per disciplinare i figli piccoli).
- "aiónios" («eterno») significherebbe un "aion", cioè soltanto un tempo lungo, ma limitato.
- ogni pena avrebbe soltanto un valore pedagogico (di educazione, non d’espiazione); "inferno" è quindi quasi un spaventoso "purgatorio" (Contra Celsum 5,15 ecc.).
- il fuoco viene preso soltanto come metafora (della coscienza che si tormenta dei peccati che vengono adagio adagio "divorati": Peri archôn II,10,4-5; c’è un'"auto-punizione").
Gli allievi di Origene riguardo all'apocatastasi sono anzitutto Evagrio Pontico, Didimo e Gregorio di Nissa (3).
La reazione della Chiesa: Origene venne espulso dal vescovo di Alessandria; seguì più tardi una condanna anche da parte della Chiesa romana nel s. IV (il papa Anastasio), specialmente riguardo all'apocatastasi (4). Mentre questa decisione non ci è trasmessa direttamente per iscritto, abbiamo il testo originale del sinodo di Costantinopoli del 543. Gli anatematismi contro Origene sono stati formalmente approvati dal papa. Importante per la nostra tematica è l'anatematismo seguente:
"Se qualcuno dice che il castigo dei demoni e degli uomini empi è temporaneo o che esso avrà fine dopo un certo tempo, cioè ci sarà un ristabilimento (apocatastasi) dei demoni o degli uomini empi, sia anatema" (DH 411). Viene difesa qui dal sinodo la durata sempiterna dell'inferno.
Al di là della condanna dell'apocatastasi troviamo parrecchie sottolineature del Magistero riguardo all'eternità delle pene infernali: il simbolo "Quicumque" (DH 76), il simbolo del papa Pelagio I (DH 443), il concilio lateranense IV del 1215 (DH 801), la costituzione apostolica "Benedictus Deus" (DH 1000-02) ecc. fino al CCC (nn. 1033-37).

La concezione di Agostino
Vedi specialmente "Città di Dio" XXI. Troviamoci lì nel contesto sistematico del peccato originale; per questa ragione Agostino postula una "mitissima pena" anche per i bambini morti senza battesimo. Viene difesa l'eternità della pena contro i "misericordes" (contro un effetto magico del battesimo; inconseguenza riguardo alla salvezza del diavolo se si accetta una salvezza per tutti gli uomini). Secondo Agostino, esistono molto più dannati che salvati; il "fuoco" non è soltanto una metafora, ma il luogo dei dannati per noi sconosciuto (CD XX,16); il fuoco viene legato al corpo analogamente al legame fra corpo e anima.
La presentazione di Agostino è parzialmente problematica 1) riguardo alla sorte dei bambini (5), 2) riguardo alla limitazione della volontà salvifica di Dio: i "tutti" di 1 Tim 2,4 (i quali Dio vuol salvare) sarebbero soltanto tutti gli eletti (6). La predestinazione per la salvezza succede senza condizione, benché Agostino non conosca nessuna predestinazione positiva alla perdizione (come lo afferma più tardi Calvino).


1)Cfr. p. es. DALEY (1986) 131-134; CROUZEL, H., L'escatologie d'Origène, Paris 1995.
2) Cfr. HAUKE, Heilsverlust in Adam 297ss.330ss.
3) Per il Nisseno cfr. HAUKE, Heilsverlust in Adam 621-623.
4) H. CROUZEL, "Origenismo": Dizionario patristico e di antichità cristiane II, Casale Monferrato 1983, 2535; cfr. Agostino, La Città di Dio XXI,17.
5) Vedi il cap. seguente sul "limbo", 2.
6) E’ possibile interpretare, però, l’apparente limitazione della volontà di Dio solo come volontà «condizionata» dal rifiuto umano. Agostino, almeno, non ritratta mai l’interpretazione esplicita della volontà salvifica universale di Dio. *A. TRAPE lo interpreta così: «Dio vuole tutti salvi e opera in tutti con azione ‘suasiva’, ma non a tutti dà la grazia persuasiva; permette infatti che alcuni, abusando della loro libertà, ricusino di credere e si perdano: su di essi esercita la sua giustizia» (Introduzione generale: Nuova Biblioteca Agostiniana, vol. XX, 1987, CLXIX).