lunedì 28 aprile 2008

CAPITOLO VII: Contesto sistematico della tematica sull'Inferno

Presupposti importanti
1) La libertà dell'uomo che può decidersi pro o contro l'amore di Dio (cfr. CCC, n. 1036).
2) La serietà del peccato: il peccato non è uno "sbaglio", ma un'azione contro Dio. Ha così in qualche modo un'effetto infinito che l'uomo non può risolvere da sé. Soltanto Dio può liberare l'uomo dalla morte spirituale che è la conseguenza di ciascun peccato grave (analogia con la morte del corpo). Il fatto terribile del peccato si mostra alla croce che rivela allo stesso momento la misericordia di Dio offerta a tutti che sono pronti a convertirsi.
3) La morte come fine dello stato di pellegrinaggio (1): non esiste nessuna conversione dopo la morte (contro Origene ecc.). È verosimile che la morte non finisca mai la vita di una persona che si trova nel peccato mortale? Che tutti si convertano prima di morire? Se il peccato mortale è una realtà in molte persone, si deve anche presupporre in modo realista che la morte ratifica l'orientamento negativo per sempre in molte persone.
4) La santità di Dio che non può tollerare il peccato nella sua vicinanza. Punto cruciale oggi è l'immagine di Dio che dovrebbe rivelare il contrasto assoluto fra bene e male.

Obiezioni conosciute
1) La misericordia divina è più pronta a perdonare che a condannare.
Quest'osservazione è giusta, ma essa riguarda dapprima la vita terrena dove esiste ancora la possibilità di convertirsi. Come la salvezza realizzata onora la misericordia di Dio, così la dannazione onora la divina giustizia.
(Secondo Tommaso, la misericordia divina raggiunge anche l'inferno nel senso che l'intensità della pena rimane sotto la misura adeguata, come in cielo l'uomo riceve più della misura meritata: STh Suppl. q. 99 a. 2 ad 1).
2) L'inferno è soltanto una minaccia.
3) Si deve sperare nella salvezza definitiva di tutti.
4) La dottrina dell'inferno indica soltanto una possibilità reale, ma non necessariamente una realtà realizzata.
5) Non esiste nessuna canonizzazione dei dannati.
6) Dio non ha nessuna sete di vendetta.
Vedi tuttavia Rm 12,19: "A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore". La vendetta divina non conosce l'imperfezione umana che tende a fare troppo o meno. La gioia di Dio non riguarda la pena come tale, ma l'effetto della sua giustizia (2).
7) L'inferno costituisce una diminuzione della beatitudine degli eletti.
I beati del cielo sono perfettamente uniti con la volontà divina nella visione beatifica. Partecipano alla conoscenza e alla volontà divina. Se si accettasse tuttavia che Dio stesso avrebbe un dolore infinito riguardo alla dannazione, si dovrebbe accettare in Dio un cambiamento che conduce nell'ultima conseguenza al panteismo che non distingue gli affetti umani dalla vita eterna di Dio.
8) L'inferno è contro il desiderio umano verso la felicità. Un essere creato può volere essere infelice?
Ciascun essere razionale certamente desidera la propria felicità. Ma l'oggetto concreto di questo desiderio può essere molto diverso e dipende dalla volontà creata. Dio non costringe per cambiare questa scelta.


1) Vedi parti precedenti.
2) STh I-II q. 87 a. 3 ad 3.